17 Giugno 2016

Ancora sul lavoro sportivo dilettantistico

di Guido Martinelli
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La sezione lavoro della Corte d’Appello di Bologna, con la propria sentenza n. 250/2016, pubblicata lo scorso sette giugno, si unisce al filone interpretativo inaugurato dal Ministero del Lavoro e sul quale, prima della decisione in esame, si erano già espressi in senso conforme i Giudici di secondo grado di Firenze e di Milano. La conclusione che se ne ricava è la possibilità di definire l’esistenza di prestazioni di lavoro professionale nell’ambito delle società e associazioni sportive dilettantistiche in un quadro di esonero da contribuzione previdenziale e da trattamento fiscale agevolato di cui all’articolo 67, comma 1, lett. m, del Tuir.

Il Ministero del Lavoro, infatti,  in un suo recente documento di prassi amministrativa (circolare 21.02.2014)  precisa: “In questo quadro il Ministero ravvisa pertanto l’opportunità di farsi promotore d’intesa con Inps di iniziative di carattere normativo volte ad una graduale introduzione di forme di tutela previdenziale a favore di soggetti che, nell’ambito delle associazioni e società sportive dilettantistiche riconosciute dal Coni, dalle Federazioni Sportive Nazionali nonché dagli enti di promozione sportiva, svolgono attività sportiva dilettantistica nonché attività amministrativa gestionale non professionale ex articolo 67 primo comma lett. m) ultimo periodo del Tuir”, con ciò affermando che, al momento, non esiste per la prestazione lavorativa sportiva dilettantistica alcun tipo di tutela.

Segue a ruota la Giurisprudenza (Corte di Appello di Firenze sentenza n. 683/14 del 8.10.2014): “la finalità perseguita dal legislatore è quella di realizzare un regime di favore a vantaggio delle associazioni sportive dilettantistiche esentando dal pagamento dell’imposta (e della contribuzione) quanto queste corrispondano in forme di rimborsi forfettari o di compensi non solo agli atleti ma anche a tutti coloro che collaborino con mansioni tecniche o anche gestionali, al funzionamento della struttura riconosciuta dal Coni. Vi sottende, ovviamente, la necessità di incentivare questo tipo di attività e di alleggerirne i costi di gestione, sul presupposto della oggettiva valenza della funzione, anche educativa che consegue all’esercizio di attività sportive non professionistiche”.

Il concetto veniva ulteriormente approfondito dalla Corte d’Appello di Milano (sentenza n. 1172/2014) laddove viene statuito che “il requisito della professionalità è richiesto dalla legge solo per le manifestazioni di cori, bande musicali e filodrammatiche, mentre nella seconda parte della norma (articolo 67, lett. m cit.) – dedicata alle attività sportive vere e proprie – non vi è alcun riferimento alla non professionalità della collaborazione …”. Ad avviso delle Corti milanese e fiorentina (oltreché di altri Tribunali – si veda sentenza del Tribunale di Venezia, Sez. Lav., n. 1060/2010), dunque, il legislatore avrebbe già ritagliato il perimetro del professionismo (L. 91/1981) e, quindi,tutte le collaborazioni svolte nell’ambito dello sport dilettantistico, seguono il regime agevolato a prescindere dalla continuità e abitualità della prestazione svolta da chi collabora in tale ambito. Ciò che conta è che le collaborazioni vengano svolte a favore di organismi che perseguono finalità sportive dilettantistiche riconosciuti dal CONI o dagli Enti di Promozione Sportiva”.

La Corte di Appello di Bologna, dopo aver statuito (era in esame l’inquadramento di istruttori di una palestra di fitness) “che anche i compensi per le attività di formazione, istruzione e assistenza ad attività sportiva beneficiano dell’esenzione fiscale contributiva, dovendosi intendere per attività sportiva dilettantistica il mero far sport senza che sussista un evento ulteriore a cui finalizzare tale attività (ad esempio manifestazione, gara, torneo)”, così conclude:

La precisazione legislativa non lascia dubbi quanto alla riconducibilità del rapporti di esercizio di attività sportive dilettantistiche … a quelli ricompresi nell’articolo 67 comma 1 lett. m) Tuir e, pertanto, assoggettati alla disciplina fiscale prevista dall’articolo 69 Tuir e dall’articolo 25 comma 1 della legge 133 del 1999. I relativi redditi sono pertanto soggetti ad imposizione fiscale solo per importi superiori ad euro 7.500 annui nella parte eccedente e nessuna contribuzione previdenziale è dovuta.

Per negare l’esenzione l’ente previdenziale dovrebbe provare l’insussistenza del presupposto formale fissato dalla normativa speciale e, quindi, la non esistenza di una società sportiva dilettantistica senza scopo di lucro riconosciuta dal Coni (cfr. Corte Appello Milano, sentenza 1172/14)

Alla luce dei rilievi svolti appare dimostrato che l’appellante avesse natura di società sportiva dilettantistica riconosciuta dal Coni e che in difetto di prova contraria le prestazioni svolte dagli istruttori fossero dirette all’insegnamento di discipline sportive dilettantistiche non rilevando la finalizzazione allo svolgimento di gare o manifestazioni sportive.

Non sono condivisibili le conclusioni cui è pervenuto il giudice di primo grado nel delineare un nesso tra la natura del rapporto di lavoro e la qualifica di «esercente attività sportiva dilettantistica» che ben può caratterizzare qualsiasi tipo di rapporto di lavoro, rendendo pertanto fruibili i relativi sgravi fiscali e contributivi a prescindere dalla natura autonoma o subordinata dello stesso”.

Non priva di forti aspetti di criticità appare la conclusione che rende utilizzabili i compensi per prestazioni sportive “a prescindere dalla natura autonoma o subordinata” del rapporto di lavoro.

In un quadro nel quale la prestazione sportivo dilettantistica riveste carattere “lavorativo”, appare logica la necessità di procedere, per tutti i soggetti a cui verranno riconosciuti questi tipi di compensi, alla iscrizione nel libro unico del lavoro e alla denuncia al centro per l’impiego.