20 Marzo 2015

Ancora sul contraddittorio e sull’obbligo di motivazione

di Giovanni Valcarenghi
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Una recente sentenza della CTR di Milano (n. 6783 del 16.12.2014) ci dà l’occasione per tornare sul tema del significato del contraddittorio e sul comportamento che le parti debbono assumere nell’ottica del comportamento trasparente prescritto dallo Statuto del contribuente.

La questione oggetto di discussione muove da un accertamento redditometrico (periodo di imposta 2005-2006-2007) elevato nei confronti di un contribuente, peraltro deceduto durante lo svolgimento del processo.

Raggiunto da un questionario, il soggetto produceva (così sembra dalla lettura del dispositivo) documentazione comprovante l’ammontare degli incrementi patrimoniali ed, in particolare:

  • rimborsi di finanziamenti provenienti da una società ceca, regolarmente dichiarata;
  • incasso di crediti vantati;
  • finanze provenienti dal rapporto di coniugio.

Trattasi, ovviamente, di fonti non aventi natura reddituale, corroborate tuttavia dalla produzione di estratti conto dai quali era possibile evincere:

  • il possesso della liquidità;
  • l’utilizzo della medesima per la realizzazione dell’investimento.

A quanto sembra dagli atti di causa, l’Ufficio non avrebbe accettato tale documentazione a comprova della correttezza della posizione fiscale del contribuente.

La CTP accoglieva il ricorso e l’Ufficio appellava, sostenendo l’assenza di alcun obbligo di contraddittorio con il contribuente (circostanza lamentata dal ricorrente già in primo grado) e la quasi automaticità della previsione del vecchio art. 38.

I Giudici, invece:

  • da un lato valorizzano l’importanza del confronto preventivo con il contribuente, attribuendo rilevanza sia al nuovo tenore letterale della norma (quasi a conferma di una esigenza pregressa in tal senso), sia all’esigenza di un giusto processo come statuito dallo Statuto del contribuente;
  • per altro verso riscontrano la piena e valida prova contraria fornita dal contribuente, riscontrando non solo la presenza di documentazione probatoria, ma anche l’esistenza del nesso eziologico tra disponibilità della provvista ed effettuazione dell’investimento, con tanto di raccordo temporale tra date di incasso e date di esborso.

Peraltro, appare interessante la parte della sentenza nella quale si rimarca coma “non trova fondamento l’ulteriore assunto dell’ufficio secondo il quale il tenore di vita e la capacità reddituale dei contribuenti non reperirebbero giustificazione alcuna in quanto dichiarato. Viceversa, negli atti allegati al ricorso introduttivo questi ultimi hanno ampiamente evidenziato la effettiva capacità reddituale rispetto a ciò che l’ufficio ha accertato”.

Ecco, il punto sta proprio in questo particolare.

Troppo spesso, ancora oggi, anche nelle situazioni in cui ricorre un obbligo normativo di contraddittorio, gli Uffici si limitano a disconoscere senza alcuna giustificazione le doglianze del contribuente, siano esse concretizzate in documentazione allegate, oppure in deduzioni, ragionamenti e considerazioni che siano prodotte al riguardo.

Proprio in questa “leggerezza” possiamo spesso individuare una sorta di disallineamento tra quanto predicato a livello centrale e quanto praticato a livello locale.

Se trasparenza e buona fede deve essere, che sia da entrambi i lati, senza che si presuma che l’operato dell’Ufficio è corretto e che l’intero onere difensivo gravi sul contribuente.

Ne deriva, dunque, che avvisi di accertamento ove non sia correttamente argomentato in merito alle considerazioni del contribuente divengono potenzialmente nulli, proprio perché non avrebbe senso un contraddittorio nel quale una sola parte è tenuta a “parlare” e documentare.

Se del tutto condivisibile appare la conclusione, meno specchiata è la parte in cui si provvede alla compensazione delle spese di lite, proprio in quanto nel caso specifico appare violato un principio basilare e sacrosanto che dovrebbe invece rappresentare la strada maestra da seguire.

Sull’importanza del contraddittorio, tuttavia, non sono ancora cristallizzate le vedute se, come è vero, la stessa Cassazione nel gennaio del 2015 ha nuovamente rimesso la questione alle Sezioni Unite, anche dopo che le medesime si erano già pronunciate a favore dell’obbligatorietà dello stesso, nello scorso mese di settembre.

Il fatto che l’Amministrazione debba confrontarsi con il contribuente prima di emanare un qualsiasi atto che sia potenzialmente atto a danneggiarlo è proprio una circostanza che viene mal digerita, quando dovrebbe invece rappresentare una bandiera del rapporto trasparente con il cittadino.