15 Luglio 2017

Ammortamento e accantonamento di cave e discariche

di Viviana Grippo
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A differenza di quanto accade in generale per i terreni, il cui ammortamento non è ammesso, le estensioni su cui insistono cave e discariche sono ammortizzabili. Questo è quanto previsto dall’OIC 16 che nella novellata versione chiarisce che la possibilità di ammortizzare detti terreni è legata alla loro usura. L’utilità di tali aree, a differenza di quanto accade usualmente, è infatti destinata ad esaurirsi proprio a causa della particolare tipologia di sfruttamento cui esse sono soggette.

Questa non è l’unica particolarità dei terreni con tale destinazione: essi infatti sono anche caratterizzati dalla necessità di sostenere nel tempo apposite spese per il ripristino.

Affrontando le due casistiche si possono fare le seguenti considerazioni.

In merito all’ammortamento, occorrerà dapprima determinare il valore da ammortizzare; a tal fine soccorre la R.M. 9/1982 la quale indica una metodologia per definirlo. Per comprendere quanto suggerito dalla risoluzione, occorre ricordare che (a differenza di quanto accade nella pratica) il valore da ammortizzare di un bene non dovrebbe coincidere con il relativo costo, in quanto i principi contabili stabiliscono che il valore iniziale da ammortizzare è pari alla differenza tra:

  • il costo dell’immobilizzazione e
  • il suo presumibile valore residuo al termine del periodo di vita utile (valore di dismissione).

La risoluzione citata, in linea con quanto sopra, chiarisce infatti che per determinare il valore della cava o discarica da ammortizzare occorrerà:

  1. determinare il valore del terreno al termine dello sfruttamento,
  2. imputare in stato patrimoniale la sola differenza tra costo di acquisto e valore di dismissione,
  3. procedere all’ammortamento di tale importo suddividendolo in quote annuali.

Quanto all’attività di ripristino, occorre rifarsi alla R.M. 52/1998: l’azienda titolare del terreno adibito a cava o discarica deve provvedere ad accantonare ogni anno una quota al fondo ripristino. Ciò in virtù del fatto che le spese per il ripristino, che verranno sostenute negli anni a venire, traggono la loro origine da sfruttamenti precedenti durante i quali sono stati realizzati i ricavi cui i costi stessi sono correlati.

Mentre contabilmente la scrittura appare banale:

Accantonamento per futuro ripristino cave/discariche (ce)   a    Fondo ripristino terreno cave/discariche (sp)

così non è per il calcolo della quota di accantonamento.

La R.M. 52/1998 chiarisce che occorre determinare tale valore attraverso i seguenti passaggi:

  1. stima dei costi per la futura bonifica,
  2. imputazione in bilancio della quota parte dei costi come sopra determinati correlati ai ricavi prodotti nell’esercizio,
  3. nell’anno di sostenimento dei costi, confronto del valore effettivo con l’importo stimato e rilevazione della eventuale relativa rettifica attraverso la contabilizzazione di sopravvenienze attive o passive.

È chiaro che effettuato l’accantonamento nel corso degli anni, all’atto del sostenimento delle spese (esercizi futuri), i costi non dovranno essere nuovamente rilevati (fatta eccezione per le sopravvenienze di cui si è detto) e la scrittura contabile da eseguire sarà la seguente:

Diversi                                                                           a                                              Debiti vs Fornitori (sp)

Fondo ripristino terreno cave/discariche (sp)

Erario c/Iva (sp)

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