13 Febbraio 2015

Ammissibile il ricorso non sottoscritto

di Luigi Ferrajoli
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La Corte di Cassazione, con sentenza n.24461/2014, statuisce che per riconoscere l’ammissibilità di un ricorso tributario sia sufficiente che almeno un esemplare dell’atto rechi la firma autografa dell’autore, non risultando rilevante (nell’ipotesi di notifica effettuata per il tramite postale) l’irregolarità integrata dal fatto che detto esemplare sia quello depositato presso la Cancelleria della C.T.P. e non quello notificato all’A.d.E..

La vicenda processuale aveva assistito in origine alla dichiarazione di ammissibilità di un ricorso avverso un avviso di accertamento promosso da una società nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, statuizione successivamente smentita dalla sentenza della C.T.R. Roma, che aveva al contrario sancito la sua inammissibilità.

La Corte di Cassazione nella parte motiva della sentenza in esame esordisce richiamando la natura della previsioni normative che riguardano l’inammissibilità, rammentando come queste siano contraddistinte da un estremo rigore sanzionatorio che deve orientare l’interprete verso un utilizzo decisamente limitato delle medesime.

L’attività ermeneutica deve infatti cogliere la natura di extrema ratio di tale istituto, il ricorso al quale risulta giustificato solo ed esclusivamente ove la gravità dell’irregolarità riscontrata lo richieda.

La stessa Corte di Cassazione, a suffragio della posizione così assunta, richiama espressamente la giurisprudenza della Corte Costituzionale, che con le sentenze n. 189/2000 e n. 520/2002 in riferimento al processo tributario aveva sottolineato l’importanza di tutelare le parti in posizione di parità, evitando ricorsi irragionevoli all’istituto dell’inammissibilità.

La Corte di Cassazione prosegue facendo riferimento al dettato del D.Lgs. n. 546/1992, che, all’art. 22, comma 5, a detta del Giudice di Legittimità, stabilisce l’esclusione dell’inammissibilità a fronte della sussistenza della possibilità di accertare l’effettiva regolarità dell’atto nonché, parallelamente, il rispetto delle regole fondamentali del processo tributario.

Facendo espresso riferimento al comma 1 del richiamato articolo, la Corte sottolinea come la notifica dell’originale del ricorso all’A.d.E. ed il successivo deposito della copia nella Cancelleria della C.T.P. (attestata come conforme dalla parte ricorrente) non possa comportare l’inammissibilità del medesimo ricorso introduttivo anche quando sussista un’eventuale irregolarità attinente a tale procedura.

Ove infatti si sia verificata un’inversione dell’ordine del procedimento così fissato dal Legislatore, secondo la Corte di Cassazione non è possibile per ciò stesso addivenire alla declaratoria di inammissibilità di cui si ragiona.

Tale principio, che era già stato affermato in passato proprio dalla Corte di Cassazione, comporterebbe che debba escludersi che un ricorso introduttivo del contenzioso tributario possa essere ritenuto inammissibile per il solo fatto che l’A.d.E. sia entrata in possesso di una copia conforme del medesimo anziché dell’originale.

Detta radicale sanzione deve infatti discendere dall’eventuale difformità che la C.T.P. riscontri tra l’atto spedito o consegnato all’Amministrazione finanziaria e quello fatto oggetto di deposito presso la Cancelleria della stessa C.T.P..

Soffermandosi specificamente sulla sentenza della C.T.P. Roma impugnata dalla società, la Corte di Cassazione affronta il tema della possibilità di addivenire alla declaratoria di inammissibilità del ricorso ove si riscontri la mancanza di sottoscrizione sull’atto notificato all’A.d.E., a dispetto dell’apposizione della stessa sulla copia conforme depositata presso la Cancelleria.

L’Amministrazione finanziaria, dal canto suo, richiama il disposto dell’art. 18, comma 3 del D.Lgs. n. 546/1992 e la giurisprudenza più restrittiva della stessa Corte di Cassazione, al fine di avallare la propria tesi (ovviamente favorevole all’assunzione di una linea maggiormente rigoristica), ma la difesa erariale non incontra, in questa occasione, il favore del Giudice di Legittimità.

Quest’ultimo, infatti, dichiara espressamente superato il proprio risalente orientamento a causa della sopravvenienza di un révirement che avrebbe sconfessato le pregresse posizioni restrittive assunte dalla giurisprudenza nomofilattica.

Detta assenza di sottoscrizione, dunque, integrerebbe al massimo un’irregolarità e la contraria ipotesi dell’inammissibilità (ovviamente più sfavorevole per il contribuente) non troverebbe riscontro nemmeno nel dettato letterale del testo normativo richiamato dall’A.d.E..

Secondo la Corte di Cassazione, tale presa di posizione non pregiudicherebbe affatto il concreto esercizio di difesa da parte dell’Amministrazione finanziaria, la quale (in virtù dello sfasamento tra il termine di costituzione della parte ricorrente e di quella resistente) sarebbe comunque in grado di predisporre le proprie difese in vista del contenzioso che va incardinandosi ove ritenesse opportuno costituirsi (a fronte dell’eventuale riscontro della controversa assenza di sottoscrizione).