30 Novembre 2016

L’aggio a Equitalia viola le norme UE sugli aiuti statali

di Luigi Ferrajoli
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Con la sentenza n. 325/1/2016 del 12 settembre 2016, la Commissione Tributaria Provinciale di Treviso ha statuito che non è dovuto l’aggio esattoriale anche nel caso in cui il contribuente è tenuto a versare i tributi sottostanti, essendo la relativa disposizione di cui all’articolo 17 del D.Lgs. 112/1999 in contrasto con l’articolo 107 del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea che vieta gli aiuti di Stato.

Nel caso in esame, una ditta aveva proposto ricorso nei confronti di Equitalia Nord S.p.a. avverso un’intimazione di pagamento riferita a Iva, Ires, Irap, ritenute e addizionali, per gli anni 2008, 2009 e 2010, contestandone, tra l’altro, l’illegittimità e la conseguente nullità per la “sproporzionalità dei compensi di riscossione”.

Sul punto, la ditta ricorrente aveva eccepito come, in relazione al calcolo dell’aggio di riscossione, fosse estremamente eccessivo l’onere posto a suo carico rispetto al costo effettivo del servizio reso dal concessionario e chiedeva pertanto la sospensione del giudizio in attesa di una relativa pronuncia da parte della Corte di Giustizia.

Investita della questione, la CTP di Treviso ha posto la propria attenzione sul tema dell’aggio di riscossione il quale, come noto, costituisce il compenso spettante al concessionario-esattore per l’attività svolta su incarico e mandato dell’ente impositore.

Sul punto, la Commissione ha rilevato come il compenso in questione attenesse, di fatto, al rapporto tra l’ente impositore ed il concessionario del servizio stesso (Equitalia, appunto) giacché esso non poteva essere addossato al contribuente, inteso come soggetto estraneo a tale rapporto.

In buona sostanza, l’anzidetto corrispettivo non trovava alcuna ragione d’essere e appariva preteso in violazione dei principi costituzionali in materia in quanto gravante senza una giustificazione e senza un collegamento all’attività effettivamente svolta (peraltro non dimostrata) sul contribuente.

Come già riconosciuto dalle CTP di Torino e di Latina, tale compenso rappresenterebbe di fatto un’ulteriore modalità di tassazione, come tale illegittima, o una sanzione “impropria”, posta a carico del contribuente (CTP di Torino ordinanza n. 147/12 e CTP di Latina ordinanza n. 40/13).

La Commissione adita ha inoltre rilevato come il richiamato “aggio esattoriale” contemplato dall’articolo 17 D.Lgs. 112/1999 e sue modifiche, rappresenti, in realtà, un compenso stabilito dalla normativa interna in favore di un’impresa italiana che, essendo scollegato da un’effettiva prestazione resa, costituisce, di fatto, un aiuto di Stato nettamente in contrasto con l’articolo 107 del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea (T.F.U.E.).

Tale disposizione prevede, infatti, l’incompatibilità con il mercato comune degli aiuti concessi dagli Stati sotto qualsiasi forma che, favorendo alcune imprese, permettano di falsare (o minacciare di falsare) la concorrenza.

Con particolare riferimento ad Equitalia, secondo i Giudici la normativa italiana attribuisce alla medesima, quale società commerciale, un sussidio statale, ossia un aiuto, che le permette di acquisire un ingiusto vantaggio economico superiore e diverso rispetto a quello che conseguirebbe sul mercato o a attraverso un’attività effettivamente svolta. Per questo, Equitalia non potrebbe beneficiare di finanziamenti che possono condizionare la libera concorrenza.

La CTP ha poi rilevato come l’aggio sarebbe destinato a retribuire il servizio reso dal concessionario a prescindere dall’effettivo costo sostenuto per l’attività di riscossione effettuata nei confronti del singolo contribuente, finendo così per costituire una forma di sussidio in suo favore.

In buona sostanza, attraverso l’imposizione del tributo e del suo gettito si verrebbe collateralmente ad ottenere un finanziamento per il concessionario atteso che, quando Equitalia Nord interviene per recuperare un credito derivante dai tributi, si produce per essa “l’aiuto” per la sua attività.

È quindi evidente come tale forma di sussidio economico finisca per rientrare nel divieto di cui all’articolo 107 del T.F.U.E. il quale prevede il divieto di aiuti che incidono sugli scambi tra stati membri o che possono minacciare di falsare la concorrenza.

Per tale ordine di motivi, la Commissione, accogliendo il ricorso in riferimento ai motivi inerenti all’illegittimità dell’aggio, ha ritenuto che la normativa statale relativa a tale compenso fosse in contrasto con la norma predetta e, quindi, che il pagamento del medesimo dovesse essere escluso.

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