12 Maggio 2017

Accertamento “a tavolino” con contraddittorio endoprocedimentale

di Angelo Ginex
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È nullo l’avviso di accertamento emesso dall’Amministrazione finanziaria a seguito di controllo “a tavolino” senza la preventiva instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale, la cui obbligatoria attivazione, ex articolo 12, comma 7, L. 212/2000, è posta a garanzia e tutela del contribuente, nonché a presidio di valori costituzionalmente tutelati, oltre ad essere espressione di civiltà giuridica.

È questo il principio sancito dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza del 3 gennaio 2017, n. 2, che consolida il filone interpretativo che si sta affermando nella giurisprudenza di merito (cfr., Ctr Toscana, sentenza 18 gennaio 2016, n. 736) contrariamente a quanto statuito dalle Sezioni Unite con sentenza del 9 dicembre 2015, n. 24823.

La vicenda trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate, a seguito di controllo “a tavolino”, accertava nei confronti di una società maggiori ricavi non dichiarati, ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lettere c) e d), D.P.R. 600/1973. Avverso tale atto la società proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Lodi, eccependo la nullità della pretesa, in quanto emessa in violazione delle garanzie previste dall’articolo 12, comma 7, L. 212/2000 e l’insussistenza delle valide ragioni economiche per l’adozione del metodo induttivo in sede di accertamento dei ricavi.

Il ricorso veniva accolto dai giudici di prime cure, i quali dichiaravano l’inesistenza dell’avviso di accertamento, in quanto sottoscritto da dirigente “decaduto” per effetto di quanto statuito dalla Corte Costituzionale, con sentenza 17 marzo 2015, n. 37. L’Agenzia delle Entrate presentava ricorso in appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale di Milano che, aderendo al motivo principale di ricorso, dichiarava la nullità dell’atto impositivo per difetto di contraddittorio endoprocedimentale ex articolo 12, comma 7, L. 212/2000.

In particolare, la Suprema Corte, conformemente al costante e consolidato orientamento espresso dai giudici comunitari (cfr., Corte di Giustizia europea, sentenza C-349/07/2009 Sopropè), ha affermato tout court che nell’ordinamento giuridico italiano sussiste il diritto al contraddittorio endoprocedimentale, che risulta applicabile “non soltanto nel caso di contestazione di fattispecie elusive a carico dei contribuenti, ma anche nel caso dei cosiddetti accertamenti a tavolino, in quanto elemento essenziale e imprescindibile del corretto svolgimento dell’attività accertativa.

Dunque, il principio del contraddittorio endoprocedimentale trova diretta applicazione ogniqualvolta l’Amministrazione finanziaria adotti un provvedimento potenzialmente lesivo, al fine di consentire al soggetto destinatario dell’atto impositivo di manifestare preventivamente le proprie ragioni (cfr., ex multis Cass., sentenza 19667/2014; Cass., sentenza 14026/2012; Cass., sentenza 18906/2011; Cass., sentenza 26635/2009).

Ciò, sulla base della considerazione per la quale l’articolo 24 L. 4/1929 prescrive che “Le violazioni delle norme contenute nelle leggi finanziarie sono constatate mediante processo verbale e l’articolo 12, comma 7, L. 212/2000 tutela il diritto al contraddittorio, anche in caso di accertamento “a tavolino”.

Sul punto, si rileva che la stessa Agenzia delle Entrate, con circolare 16/E/2016 ha fornito importanti linee guida sul corretto svolgimento dell’attività impositiva, sottolineando la necessità di garantire l’effettiva partecipazione del contribuente nel procedimento accertativo, al fine anche di realizzare una più proficua attività tributaria.

In definitiva, quindi, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e confermato la sentenza di primo grado con diversa motivazione.

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