15 Gennaio 2015

Accertamento standardizzato e poteri del giudice tributario

di Luigi Ferrajoli
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Con la sentenza n. 26511 del 17.12.2014, la Corte di Cassazione statuisce che l’applicazione del “metodo standard” più aggiornato rientra a pieno titolo nell’esercizio della competenza attribuita al Giudice tributario, chiamato a definire il rapporto obbligatorio controverso nell’an e nel quantum.

Tale pronunciamento affronta, quindi, due aspetti di rilievo relativi agli accertamenti c.d. standardizzati mediante l’uso di parametri e studi di settori: la necessaria applicazione dello strumento più avanzato rispetto alla versione antecedente ed il suo utilizzo anche in sede di giudizio.

La vicenda processuale trae origine dalla notifica ad un professionista, esercente l’attività di geometra, di un avviso di accertamento con il quale venivano recuperati a tassazione ai fini Irpef, Irap e Iva maggiori redditi prodotti nell’anno 1998, in applicazione dei parametri di cui alla L. n. 549/1995.

In esito al contraddittorio, avendo il contribuente fornito elementi idonei a giustificare lo scostamento reddituale, l’Amministrazione proponeva una riduzione del 50% dei redditi inizialmente accertati, che tuttavia non era accettata dal contribuente che, ricevuto l’avviso, proponeva ricorso.

La C.T.P. adita accoglieva parzialmente il ricorso, rideterminando la pretesa nella stessa misura proposta in sede di contraddittorio, e la C.T.R. appellata confermava la decisione di primo grado rigettando sia l’appello principale proposto dal contribuente, sia l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate. La vicenda giungeva quindi in Cassazione.

La Suprema Corte coglie l’occasione per riaffermare che, in tema di accertamento standardizzato mediante parametri o studi di settore, il contraddittorio con il contribuente costituisce elemento essenziale e imprescindibile del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa, in special modo quando si faccia riferimento ad una elaborazione statistica su specifici parametri. Infatti, l’approssimazione propria dello strumento statistico deve essere adeguata alla realtà reddituale del singolo soggetto accertato, perché solo in tal modo possono emergere quegli elementi idonei a commisurare la “presunzione” alla concreta realtà economica dell’impresa.

Conseguentemente la motivazione dell’atto non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri, ma deve essere integrata, anche sotto il profilo probatorio, con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.

Il Collegio osserva che: “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri e degli studi di settore costituisce un sistema unitario, frutto di un processo di progressivo affinamento degli strumenti di rilevazione della normale redditività per categorie omogenee di contribuenti, che giustifica la prevalenza, in ogni caso, dello strumento più recente su quello precedente con la conseguente applicazione retroattiva dello standard più affinato e, pertanto, più affidabile(Cass. S.S.U.U. n. 26635/2009; Cass. n. 1843/2014).

Dall’affermazione di tale principio consegue che l’applicazione del metodo più aggiornato ed aderente alla rappresentazione della realtà effettuale non può costituire oggetto di scelta discrezionale da parte dell’Amministrazione finanziaria, poiché ciò si porrebbe in contrasto con i principi costituzionali di imparzialità dell’azione amministrativa tributaria e di efficienza dell’accertamento tributario (art. 97 Cost.).

Ad avviso dei Supremi Giudici sarebbe contraria a tali principi l’applicazione, secondo criteri di mera convenienza, del livello di reddito standard più elevato tra quelli elaborati statisticamente nei diversi provvedimenti succedutisi nel tempo, tenuto conto che il metodo tecnicamente più avanzato esclude l’attendibilità del metodo che adotta criteri superati.

L’applicazione delle elaborazioni statistiche può essere contestata dal contribuente in giudizio mediante indicazione della elaborazione statistica più recente alla quale l’Amministrazione finanziaria è tenuta ad adeguarsi, qualora intenda fondare la pretesa impositiva sul “metodo di accertamento standard”.

La sentenza impugnata viene quindi cassata con rinvio della causa alla C.T.R in diversa composizione, che dovrà procedere ad un nuovo esame della vicenda, verificando se i nuovi livelli reddituali siano correttamente riferiti alla categoria economica di lavoro autonomo cui appartiene il contribuente, quale sia lo scostamento dal reddito dichiarato, effettuare una nuova valutazione della percentuale di abbattimento del reddito ed infine rideterminare il quantum del tributo.

 

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