28 Novembre 2016

Accertamento anticipato e ragioni d’urgenza

di Luigi Ferrajoli
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Com’è noto, nell’ambito delle garanzie poste a tutela del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’articolo 12, comma 7, dello Statuto del Contribuente, nell’obiettivo di agevolare la leale cooperazione tra Amministrazione e contribuente, prevede la possibilità in capo al privato di poter produrre le proprie osservazioni entro 60 giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione. La norma statuisce altresì il divieto per l’Amministrazione finanziaria di notificare l’atto impositivo al contribuente prima che sia decorso il predetto termine, salvo in casi di particolare e motivata urgenza per cui si renda necessaria la compressione del termine di 60 giorni a sfavore del contribuente.

Sul punto, appare necessario ricordare quanto affermato nella sentenza n. 18184/2013 con cui le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che “l’inosservanza del termine dilatorio prescritto dall’articolo 12, settimo comma, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), in assenza di qualificate ragioni di urgenza, non può che determinare l’invalidità dell’avviso di accertamento tributario emanato prematuramente, quale effetto del vizio del relativo procedimento, costituito dal non aver messo a disposizione del contribuente l’intero lasso di tempo previsto dalla legge per garantirgli la facoltà di partecipare al procedimento stesso esprimendo le proprie osservazioni che l’Ufficio finanziario è tenuto a valutare come la norma prescrive”. In altri termini, secondo l’impostazione della Suprema Corte, il Legislatore ha previsto tutta da una serie di norme – tra cui certamente figura l’articolo 12, L. 212/2000 – la cui finalità è quella di garantire l’effettivo esercizio del diritto al contraddittorio, principio immanente del nostro ordinamento.

Da ciò deriva inevitabilmente che, in assenza di valide ragioni giustificatrici, il mancato rispetto del termine dei 60 giorni rappresenti un’evidente compressione del diritto di difesa del contribuente costituzionalmente garantito dall’articolo 24, oltre che una chiara violazione del principio del buon andamento della pubblica Amministrazione sancito all’articolo 97 della Costituzione.

Diviene, pertanto, dirimente individuare le circostanze di fatto che sono effettivamente in grado di integrare il requisito dell’urgenza e, per l’effetto, di giustificare la notifica di un avviso di accertamento ante tempus.

La giurisprudenza ha da sempre svolto l’arduo compito di interpretare volta per volta quali circostanze fossero o meno idonee a derogare il termine previsto all’articolo 12, comma 7, L. 212/2000, rilevando la possibilità di emissione anticipata dell’avviso di accertamento allorquando, ad esempio, il contribuente versi in stato di insolvenza ovvero sussista il fondato pericolo di mancato soddisfacimento del credito erariale. Sul tema, il maggioritario orientamento del giudice di legittimità sostiene inoltre che l’emissione anticipata dell’atto impositivo non sia invece giustificabile dall’approssimarsi dello scadere dei termini di decadenza dell’azione accertativa, a meno che non si tratti di fattispecie in cui la condotta illecita del contribuente sia rilevante anche sotto il profilo penale.

Con l’ordinanza n. 15527 del 27 luglio 2016, la Corte di Cassazione ha recentemente confermato la sopracitata linea interpretativa, rilevando che “il pericolo derivante da reiterate condotte penali tributarie è, in astratto, un’indubitabile e valida ragione d’urgenza atta a giustificare l’anticipazione della notifica dell’atto impositivo in deroga al termine imposto dalla L. 212/2000, articolo 12, comma 7”.

Naturalmente, dalla mera presenza di condotte penalmente rilevanti non ne può derivare una sorta di automatica deroga del termine posto a garanzia del contribuente, costituendo piuttosto un’ipotesi astratta che deve trovare concreto riscontro nella specifica fattispecie. Sotto il profilo probatorio, pertanto, spetterà all’Ufficio l’onere di provare la sussistenza del presupposto derogatorio del termine e che, in particolare, “l’urgenza dell’atto impositivo ben può profilarsi allo scopo di infrenare per tal verso una condotta, che appariva di patente e grave violazione continuata degli obblighi fiscali”.

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha, infatti, ritenuto censurabile la decisione della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata la quale ha erroneamente ritenuto insussistente il presupposto dell’urgenza senza la preventiva valutazione della pericolosità penale del contribuente, con particolare riferimento alla presenza di una condotta “correlata alla reiterazione di plurime violazioni di natura tributaria”.

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