16 Luglio 2014

Profili Iva del ritiro dell’usato a fronte della vendita di un prodotto nuovo

di Marco Peirolo
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Nella prassi commerciale, può accadere che le imprese che intrattengono rapporti con clienti non residenti, si accordino per il ritiro dell’usato a fronte della vendita di un prodotto nuovo.

Si ipotizzi che l’impresa abbia stipulato un contratto di vendita di un nuovo macchinario con un cliente francese, obbligandosi a ritirare quello usato.

Riguardo alla vendita, l’impresa italiana pone in essere una cessione intracomunitaria, in quanto risultano soddisfatti i presupposti previsti dall’art. 41, comma 1, lett. a), del D.L. n. 331/1993, tra cui quello del trasferimento del bene dall’Italia alla Francia.

Operativamente, l’impresa italiana deve:

  • emettere fattura in regime di non imponibilità IVA:

1) entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, coincidente con l’inizio del trasporto o della spedizione a destinazione del cessionario francese;

2) con l’indicazione, in luogo dell’ammontare dell’imposta, che si tratta di operazione non imponibile e con l’eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale;

  • annotare la fattura, distintamente, nel registro delle fatture emesse (di cui all’art. 23 del D.P.R. n. 633/1972), secondo l’ordine della numerazione ed entro il termine di emissione, con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione;
  • presentare il modello INTRA 1-bis, ai fini fiscali e statistici, entro il giorno 25 del mese successivo al periodo (mese o trimestre) di registrazione della fattura intracomunitaria.

Riguardo al ritiro dell’usato, anche il cliente francese dovrebbe applicare il regime di non imponibilità IVA previsto per le cessioni intracomunitarie se il macchinario usato viene trasportato o spedito in Italia.

Tuttavia, ipotizzando che l’impresa italiana, nelle more della cessione intracomunitaria, abbia trovato un soggetto francese interessato all’acquisto, occorre individuare quale sia il regime IVA:

  • della cessione da parte dell’impresa francese;
  • della cessione posta in essere dall’impresa italiana nei confronti dell’acquirente francese.

Entrambe le cessioni sono territorialmente rilevanti in Francia, in quanto hanno per oggetto un bene che, nel momento della vendita, è materialmente presente in tale Paese. Nello specifico:

  • la prima cessione (nei confronti dell’impresa italiana) è fatturata dall’impresa francese con l’addebito dell’IVA locale;
  • la seconda cessione (nei confronti dell’acquirente francese) è fatturata dall’impresa italiana ai sensi dell’art. 21, comma 6-bis, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972, cioè indicando – in luogo dell’ammontare dell’imposta – l’annotazione “inversione contabile” e con l’eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale. è dato, infatti, osservare che la Francia, avvalendosi della facoltà di cui all’art. 194 della Direttiva n. 2006/112/CE, ha previsto l’obbligo di reverse charge per le cessioni interne di beni effettuate dai soggetti non stabiliti.

A questo punto, si pone il problema, per l’impresa italiana, di recuperare l’imposta francese addebitata dal proprio cliente in sede di ritiro dell’usato.

A tal fine, è possibile avvalersi della procedura di rimborso di cui all’art. 38-bis1 del D.P.R. n. 633/1972, presentando la relativa istanza all’Agenzia delle Entrate tramite apposito portale elettronico; è infatti quest’ultima ad inoltrare la richiesta allo Stato membro interessato dopo avere effettuato un controllo propedeutico sull’esistenza dei presupposti del rimborso.

In base all’art. 3, par 1, lett. b), della Direttiva n. 2008/9/CE, l’impresa italiana, nel periodo di riferimento del rimborso, non deve avere effettuato cessioni di beni e/o prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Francia, fatta eccezione per:

  • i servizi non imponibili di trasporto internazionale e relativi servizi accessori;
  • le cessioni e le prestazioni soggette a reverse charge in capo al destinatario del bene o servizio.

Tali operazioni, pertanto, non mutano lo status del soggetto passivo richiedente il rimborso, che resta infatti non stabilito nel Paese in cui ha effettuato gli acquisti e che, dunque, può ottenere la restituzione dell’imposta (Corte di Giustizia, 6 febbraio 2014, causa C-323/12).

Nel caso in esame, l’impresa italiana non ha effettuato operazioni attive territorialmente rilevanti in Francia diverse da quella soggetta a reverse charge. Dato che quest’ultima non preclude il diritto di rimborso, l’imposta assolta in Francia può essere chiesta in restituzione ai sensi del citato art. 38-bis1 del D.P.R. n. 633/1972.